lunedì 7 marzo 2011

continuazione incontro 03.03.11: rapporto uomo-donna


Saint Germain (7 Raggio, Gerarchia Umana)

"Quanto alla tua vera “anima compagna” che qualcuno ti ha indotto a credere che ti aspetti in qualche posto, smetti di cercarla; poiché essa non esiste al di fuori in qualche altro corpo, ma dentro la tua anima.
Poiché ciò che in te chiede completamento è solo il tuo senso della MIA presenza, dell’IO dentro, anelante di essere riconosciuto; IO, la tua controparte divina, la tua parte spirituale, la tua altra metà a cui soltanto tu devi essere unito, prima che tu finisca ciò che sei venuto ad esprimere in Terra.

Questo è invero un mistero per te che non sei ancora sposato nella coscienza al tuo Sé impersonale; ma non dubitare; se tu verrai in completa rinuncia, e non ti curerai d’altro che dell’unione con ME, ti schiuderò le dolcezze dell’estasi celeste che da lungo tempo ho in serbo per te" (IO SONO, Saint Germain).



Sri Aurobindo (Yoga Integrale)

“Non è per l’amore della sposa, ma per l’amore del Sé [Dio in noi] che la sposa ci è cara” (Upanishad). Questa, per il senso inferiore del sé individuale, è la dura verità che si cela dietro tutte le dichiarazioni colorite e appassionate dell’amore egoistico; ma, al senso superiore, si svela come il vero significato interiore dell’amore non egoistico, ma divino. Il vero amore ed il sacrificio sono nella loro essenza … il tentativo di ritornare dalla frammentazione relativamente necessaria verso l’unità ritrovata. L’unità fra le creature è nella sua essenza un ritrovarsi, la fusione con ciò da cui siamo indebitamente separati e la scoperta di noi stessi negli altri" (Sri Aurobindo, La Sintesi dello Yoga).


 

"Il cielo, nella sua estasi, sogna
una terra perfetta
La terra, nella sua pena, sogna
un cielo perfetto
Una paura incantata impedisce
la loro unione.

Ed è la gioia - Ananda. Essa è al principio delle cose ed alla fine e dappertutto se scaviamo profondamente; essa è “il pozzo di miele ricoperto dalla roccia” [Rig Veda].
(Sri Aurobindo, La Sintesi dello Yoga)

6 commenti:

  1. Non sono umane queste parole dei RigVeda, sono troppo belle!
    E un argomento tanto vasto che non so da dove cominciare, ma dato che è proprio l'8 marzo si può cominciare con l'idea di parità e differenza.
    Tutte le esperienze, tra divinità femminili e maschili, matriarcato e patriarcato, sopprusi e rivoluzioni, ci hanno portato a questa fase dove la parità pare acquisita in alcune parti del mondo, dove ancora un mondo c'è da fare, ma dove sostanzialmente, almeno una parte della popolazione può considerare uomo e donna sullo stesso piano. Per la mia generazione (le figlie di femministe) accade un fatto strano, tanto è acquisita questa parità tanto quasi da appiattire le differenze, e da dover poi riscoprire le differenze o le specialità di ognuno di questi principi. Partendo dall' androgino il percorso è inverso, ritrovare le essenze del femminile e del maschile, le peculiarità più profonde per trovare la complementarietà, le estreme differenze per scoprire l'unione e per riscoprire poi quanto androgino c'è in noi......

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  2. ...ma quando parliamo di donna e uomo parliamo di principi, principi terreni, ma oltre la terra, oltre la materia tutto è uno e non esistendo separazione non esiste desiderio di unificazione. dunque dobbiamo trovare qui sulla terra quel principio che muove senza desiderio....

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  3. "Quanto alla tua vera “anima compagna” che qualcuno ti ha indotto a credere che ti aspetti in qualche posto, smetti di cercarla; poiché essa non esiste al di fuori in qualche altro corpo, ma dentro la tua anima.
    Poiché ciò che in te chiede completamento è solo il tuo senso della MIA presenza, dell’IO dentro, anelante di essere riconosciuto; IO, la tua controparte divina, la tua parte spirituale, la tua altra metà a cui soltanto tu devi essere unito, prima che tu finisca ciò che sei venuto ad esprimere in Terra.

    Questo è invero un mistero per te che non sei ancora sposato nella coscienza al tuo Sé impersonale; ma non dubitare; se tu verrai in completa rinuncia, e non ti curerai d’altro che dell’unione con ME, ti schiuderò le dolcezze dell’estasi celeste che da lungo tempo ho in serbo per te" (IO SONO, Saint Germain).

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  4. seguono un paio di post che riguardano il rapporto uomo donna e riflessioni su matriarcato e patriarcato, in qualche maniera quest'ultimo su matriarcato sarebbe da inserire anche al post 'casa comun'e come riflessione su un diverso modo di vivere i rapporti nella collettività.
    Li metto per conoscienza, sono realtà sociali, non spirituali ma interessanti per la direzione che hanno, segno di cambiamento , di quello che si sta muovendo tra le giovani e i giovani alternativi. discussioni sui ruoli maschio femmina, sul sessismo ed altro ancora, mando alcuni link:
    http://italy.euromayday.org/rigeneriamo/index2.php
    ( su ruoli uomo donna e rottura degli schemi, metto una parte di scritto...)
    RIGENERIAMO IMMAGINARI
    Per rompere gli schemi che riproducono ingiustizia, sopraffazione e violenza. Perché solo a partire da noi stess@ possiamo rifiutare e sovvertire ruoli identitari normatizzati e modelli stereotipati di femminilità e maschilità. Per infrangere le regole che ci vogliono uomini machi e donne docili. Per dare voce ai nostri desideri, ai nostri corpi e incontrare quelli degli altr@

    http://ladyfest-roma.noblogs.org/about/ (feste e incontri culturali artistici organizzati interamente al femminile, esperimenti e spazi di riflessione e cooperazione orizzontale)

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  5. quello che segue è tratto dal blog http://unanuovaera.wordpress.com/gimbutas_co/genevieve-vaughan/
    ragionamenti sul matriarcato, due donne antropologhe e archeologhe, l'economia del dono.

    GENEVIEVE VAUGHAN
    …e l’Economia del Dono.

    Gli americani, prima della colonizzazione, erano 300 milioni, molte più persone di quante ce ne fossero nell’intera Europa a quel tempo (Mann, C, 2005)[2]. Sebbene gli europei tendessero a interpretare le economie indigene alla luce della propria mentalità basata sullo scambio, le economie del dono erano ancora diffuse quando arrivarono i colonizzatori. La leadership delle donne era importante in queste cosiddette economie “pre”mercato. Per esempio la confederazione degli Irochesi, dove donne agricoltrici controllavano la produzione e la distribuzione dei prodotti agricoli, praticava il dono nei gruppi locali e partecipava ai circuiti di doni tra i gruppi anche a grandi distanze (Mann, B, 2000.) Sebbene il wampum, fatto con le conchiglie, fosse stato visto dagli europei come una forma di valuta, i ricercatori indigeni come Barbara Mann (1995) non lo considerano affatto una moneta, bensì una forma di scrittura fatta con le perline che si basava sulla relazione metaforica tra la Terra e il Cielo. Le economie del dono sono tipiche dei matriarcati. In Africa e in Asia, così come nelle Americhe, esistevano vari tipi di società pacifiche basate sulle donne che continuano a esistere anche oggi (Goettner-Abendroth 1980, 1991, 2000; Sanday 1981, 1998, 2002).

    La mia ipotesi è che non solo c’erano e ci sono società che funzionano in base alla distribuzione diretta dei beni per soddisfare i bisogni, economie del dono non mercantili, ma che la logica che sottende questo tipo di economia è la logica umana fondamentale, che è stata surclassata e resa invisibile dalla logica dell’economia di mercato.
    La funzione materna, che di solito viene identificata con le donne, è un esempio di dono in cui i beni sono distribuiti secondo i bisogni in maniera dettagliata e continuativa. Possiamo considerare questa distribuzione l’esempio di una struttura economica che, in quanto tale, ha la capacità di far nascere valori di cura come sua sovrastruttura.

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  6. Considerando la pratica materna istintiva o naturale, non solo il patriarcato capitalista ha relegato le donne nell’essenzialismo, ma ha bloccato il fatto di poter considerare la maternità come economica. Guardando al dono come a un’economia nascosta , un modo di distribuzione che sta ospitando l’economia basata sullo scambio, possiamo vedere il “carattere comune” delle donne come qualcosa di economico, visto che ha a che fare con una maniera di distribuire i beni secondo i bisogni, con una pratica e un processo che fanno parte di un ruolo socialmente determinato, non con un’essenza. In più, nelle società che si basano sull’economia del dono, gli uomini rimangono materni. Per essere un capo presso i Minangkabau, un uomo deve assomigliare a una buona madre (Sanday 2002). Cosi, le donne e gli uomini che non sono patriarcali hanno in comune non un’essenza, ma la pratica del modo di distribuzione del donoI valori della cura possono essere visti come la sovrastruttura della struttura economica nascosta dell’economia del dono. I valori degli interessi egoistici possono essere visti come una sovrastruttura che deriva dalla struttura economica dello scambio,[7] specialmente se combinati con il patriarcato. Molta confusione ideologica nasce dal fatto che le strutture economiche dello scambio e del dono prese insieme sono anche la struttura della relazione parassitaria in cui un’economia dà all’altra, mentre l’altra prende attivamente dalla prima. Così anche le sovrastrutture riflettono questa relazione parassitaria e sono molto difficili da dipanare.

    Le considerazioni prese in esame fino a qui suggeriscono quattro passaggi che dovremo prendere come fondamentali per iniziare a muoverci dal paradigma dello scambio verso un paradigma del dono:

    Primo: Distinguere il dono dallo scambio.

    Secondo: Vedere come il dono contenie alla base una logica transitiva, mentre lo scambio funziona secondo una logica identitaria autoriflettente di categorie che includono ed escludono.

    Terzo: Riconoscere la pratica materna come pratica del dono.

    Quarto: Considerare il dono (e quindi anche il materno) come economico, un modo di distribuzione di beni e servizi secondo i bisogni.

    Concludendo, possiamo affermare che la logica del dono è una logica economica materna, una logica di distribuzione diretta di beni e servizi ai bisogni. Servendoci di questa descrizione possiamo identificare come questa logica economica materna viene espressa nelle società indigene, specialmente nei matriarcati , dove i beni e i servizi vengono distribuiti secondo i bisogni e la maternità e la cura hanno un alto valore sociale per tutti. Se consideriamo la funzione materna un momento particolarmente intenso di una più diffusa economia del dono dalla quale per ora il capitalismo patriarcale trae in modo parassitario la sua sussistenza, possiamo iniziare a cambiare le coordinate usuali secondo le quali pensiamo che la liberazione delle donne e di altri gruppi oppressi, sia raggiungibile attraverso una loro più equa partecipazione all’economia di mercato. In fatti, nelle pagine che seguono, spero di dimostrare che il mercato in sé è il problema, non la soluzione e che l’economia del dono e i suoi valori possono essere liberati dall’economia dello scambio, che è superflua e dannosa.

    Fonte: http://www.gift-economy.com/introduzione.html

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